mercoledì 10 novembre 2010

Il sessismo giudiziario: cos'è

Dopo il divieto di carcerazione per Loretta Santinello, l'omicida del marito disabile di cui non voleva prendersi cura e che quindi adesso è tranquillamente a piede libero dopo ben tre giorni in clinica psichiatrica (il luogo dove finiscono per un brevissimo periodo tutte le donne assassine e sostitutivo del carcere che, come noto, è riservato solo agli uomini), dopo la messa ai domiciliari di Simonetta Agostini, di cui vi avevamo già parlato, e di Maryana Kaminska, l'assassina del fidanzato, parliamo della carcerazione confermata per Francesco Buonavolontà, il 21enne reo di aver ucciso il padre violento nel tentativo di difendere la madre: un caso che ricorda quello di Nicholas Fini, recentemente condannato a molti anni di reclusione dopo un lungo periodo di carcerazione preventiva. Ed è la stessa sorte che toccherà al giovane Buonavolontà, non essendo una donna. Ma parliamo di ciò che è successo.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, il giorno 1 novembre la vittima dell'omicidio, Mauro Buonavolontà, ritorna a casa ubriaco, come spesso avveniva. Appena rientrato, inizia un litigio con la moglie alla presenza dell'ultimo figlio di soli 15 mesi. Al piano superiore dell'abitazione, gli altri due figli, il 21enne e un 17enne, hanno sentito le urla, sono scesi in cucina e Francesco ha provato a dividere i genitori. Ed è stato allora che Francesco ha afferrato un coltello ed ha colpito il padre, uccidendolo. Non era la prima volta che accadevano casi simili: Mauro Buonavolontà era già stato denunciato varie volte per maltrattamenti familiari. Secondo quanto accertato dai carabinieri, la vittima aveva problemi di alcol e droga; si era anche reso responsabile di reati contro il patrimonio ed era recentemente uscito dal carcere.

Il 6 novembre l'interrogatorio e la decisione del gip: Francesco deve rimanere in carcere. E già iniziano ad uscire i primi articoli giustizialisti, le condanne di chi evidenzia che il ragazzo è pur sempre un assassino e che deve pagare. Condanne che stranamente non escono mai quando il colpevole è una donna: allora tutti si scoprono garantisti, si cerca di giustificare il gesto ed evidenziare il dramma umano, si sottolinea che non c'è alcuna necessità della pena perché la donna ha già pagato con la sua sofferenza, vuoi che si trattasse dell'omicidio del figlio (e allora si parla puntualmente di depressione, di abbandono familiare etc.), di quello del marito (che nella quasi totalità dei casi viene descritto dai media, in maniera del tutto pregiudiziale, come un violento) o di chi altro. Si invoca la libertà per la donna che deve accudire i figli, e che viene puntualmente concessa dal giudice. Perché i media non parlano mai di questa disparità di trattamento? Perché tutto deve essere relegato ad un minuscolo blog gestito da un singolo? Ci si chiede se dietro tutto questo non ci siano poteri forti, pressioni delle lobby post-sessantottine e femministe, che vorrebbero nascondere questa realtà e far passare il messaggio subliminale che la giustizia è uguale per tutti.

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